Atlante Italiano

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Per “ Atlante Italiano “ Alcune mie considerazioni

Francamente non so se, e quanta attinenza al tema assegnato, sia riuscito a comunicare. So che il pedemonte lombardo-veneto era per me un territorio assolutamente sconosciuto ( attraversato saltuariamente per ragioni professionali che mi conducevano nelle città e mai nel territorio extraurbano ) Presa visione dell’incarico ero fortemente orientato a chiedere un’altra assegnazione. Poi la curiosità ha prevalso e con grande timore mi sono avventurato in un breve viaggio tra Milano e Treviso in cui quasi come un cane da caccia ho cominciato a seguire alcune tracce, quelle che sento più vicine, avendo da sempre provato una grande attrazione per la fotografia di paesaggio ma non avendola mai affrontata con lo stesso impegno professionale dedicato al tema urbano, più vicino alla commitenza degli ultimi 12 anni. Mi sono trovato in difficoltà nella scelta delle immagini da cercare ( e poi anche nella scelta finale ) perché sono quasi costantemente deluso nel mio continuo vagare da una regione all’altra dall’omologazione assoluta del territorio, dalla perdita di identità dei luoghi, e molto spesso dalla devastazione degli stessi per le scontate ragioni di industrializzazione e di terziarizzazione che poi impongono anche una abitabilità che si sviluppa quasi sempre senza regole nel totale disprezzo delle tradizioni costruttive dei luoghi. Allora ho cercato di calibrare lo sguardo critico, la mia tendenza a sottolineare i contrasti, gli abusivismi o le oscenità estetiche che si incontrano e ho tentato di osservare senza giudizio, cercando di essere più affascinato da eventi luminosi e compositivi che dalle cose in sé. Questo mi ha un po’ liberato e ho scelto i luoghi da inserire strada facendo cercando delle immagini significanti sia dello stato del territorio come il tempo lo conserva, che delle trasformazioni avvenute per esigenze di sviluppo. Assolte tutte le formalità del concorso vorrei fare alcune considerazioni finali che mi sembrano opportune. L’invito rivolto a professionisti italiani per una fotografia del territorio nel terzo millennio avvenuto grazie all’input da me dato all’arch. Pio Baldi sulla necessità di una rappresentazione del territorio italiano che dal “Viaggio in Italia” degli anni 80 era interrotta salvo l’esperienza fatta in Lombardia negli anni 90, mi sembra molto lodevole. Ma la forma scelta per attivare la campagna fotografica, la limitazione di materiali da consegnare ( conseguente alla disponibilità di rimborso ), l’estensione a trenta fotografi e la non sempre coerente assegnazione tematica, mi invitano a queste riflessioni. La forma del concorso con premio finale mi è sembrata un po’ inopportuna perché credo che anche l’Italia come altri paesi abbia bisogno di conservare la propria immagine, al di là dell’esperienza personale di ogni singolo autore, con una ricerca istituzionale di più ampio spessore e che non sia solo il frutto di una gara tra professionisti ( in proposito si dovrebbe anche capire la differenza tra professionisti e artisti ).

La limitazione di materiali è ovvio che costringa ad una scelta che è basata su considerazioni solo estetiche e non di più ampio spessore.
L’estensione a trenta fotografi mi sembra eccessiva per il fatto che tanti occhi offrano infine una visione troppo frammentata dei temi posti. E poi forse sarebbe meglio partire dallo specifico di ciascun autore per trovare una corrispondenza con la tematica assegnata.

Credo infine che questa sia stata una buona occasione di inizio da parte della DARC per avviare una ricerca che in Italia non ha mai avuto ( tranne episodi locali o iniziative private ) una paternità istituzionale per costituire finalmente un archivio della memoria del territorio e sono contento di essere stato invitato a partecipare.

Alberto Muciaccia